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Tutti lo considerano ormai l'alter-ego chitarristico di Vasco. Chi non
ricorda quel lucido ed entusiasmante assolo di Dimentichiamoci questa
città o la trucida parte solista di Sono ancora in coma?
Maurizio Solieri, 34 anni grande appassionato di rock e musica FM americana
("Per certi suoni dell'ultimo di Vasco", racconta, "ci siamo riferiti
molto al metodo di lavoro degli americani; Brava Giulia, ad esempio, è
stata influenzata, nell'arrangiamento, dalla musica dei Mr. Mister"),
è da considerarsi uno dei migliori guitar-heroes italici, se non
altro per avere introdotto nel difficile business discografico nostrano
uno stile chitarristico irruento, in linea con i nostri gusti e la grinta
del vero rock.
GUITAR CLUB: Sei maturato non
poco in sala di incisione, al punto da collaborare in maniera sempre più
diretta alla lavorazione di un album, sia che si tratti della Steve Rogers
Band oppure di Vasco. Da cosa credi sia derivato questo tuo atteggiamento?
MAURIZIO SOLIERI: L'approccio
nel suonare, sia con la SRB che con Vasco, è uguale. Non lavoro
su quello che mi dicono gli altri; è chiaro che tutti i consigli
sono buoni, ma in genere arrivo in sala con delle idee già pronte,
già provinate prima, a parle gli assoli che invece vengono improv
visati. Questa maturazione è dovuta al passare degli anni, dall'ascolto
sempre maggiore di musica, al farsi più esperienza.., insomma,
la mia vita stessa è la mia maturazione.
G.C.: Quando
lavori su un assolo per un brano, scegli il migliore tra una rosa di assoli
registrati?
M.S.:
Durante gli anni ho usato tutti i mezzi: prima sceglievo
appunto l'assolo migliore, poi si legava la frase di un assolo con un'altra
frase di un altro assolo, e così via. Negli ultimi due o tre anni,
le cose migliori mi sono venute registrando le basi: molte chitarre, sia
nel disco della SRB che in quello di Vasco, sono state tenute perché
il suono, la grinta e le cose che venivano fuori erano più fresche
ed originali di quelle fatte, magari, in overdub dopo.
G.C.:
La mia personale idea sui vostri lavori (Vasco compreso)
è che si dovrebbe puntare un po' meno sulle raffinatezze e un po'
di più sull'energia live in studio. Condividi questa posizione?
M.S.: Sì,
sarebbe meglio, e in genere si fa così: le basi vengono registrate
live con la grinta necessaria anche alle registrazioni dal vivo. Magari
il soffermarsi troppo sulle raffinatezze c'è. Però un conto
è il lavoro in sali ed un conto è invece il lavoro live.
E naturale che in sala le cose vengono un po' più arrotondate e
raffinate, mentre dal vivo tutto resta più sciolto e più
libero,
G.C.:
C'era qualcosa che avresti voluto migliorare in
I Duri Non Ballano e C'è Chi Dice No?
M.S.: In effetti,
quando si termina un lavoro, lo senti già vecchio.Ciò è
dovuto alla tua evoluzione di sonorità che si ascolta dalla radio,
dalla tv, dai dischi, in giro. Tutti i pezzi che noi facciamo, e
soprattutto ti parlo dei pezzi che scrivo io (so coiue nascono, me li
faccio a casa, mi faccio 1provini da anni), possono far capire che il
risultato mentale sonoro alla fine viene fuori sempre dal vivo. Una canzone
nata in un certo modo si deve sfogare in un certo modo. "C'è Chi
Dice No" l'avevo scritta tre anni fa, l'ho registrata su un otto piste
e con la Roland 808; poi in seguito siamo cntrali in sala, ed abbiamo
rifatto il pezzo. A livello chitarristico, il feeling che ha una vera
chitarra non mi sembra lo abbiano le synth-guitar. E vero si sta avvicinando
sempre di più, vedi la Stepp o la SynthAxc, ma cambia del tutto
il tipo di approccio. Penso sia un modo di suonare più vicino alla
tastiera, servendosi invece della tastiera della chitarra.
G.C.: Che chitarre
prediligi?
M.S.: Quelle
con cui fare un buon blues, le Spool Junior; le Farber, e che risalgono
alla fine degli anni '50.
Le chitarre attuali si equivalgono invece un po' tutte: la Charvel Jackson
va benissimo, come pure la Kramer, ma non le distingueresti una dall'altra.
Penso che il massimo sia farsi assemblare una chitarra, te la senti più
tua, te la fai fare come vuoi tu, od acquistarne una e trasformartela
un po'.
G.C.:
Che tipo di scale usi in genere per i tuoi assoli?
M.S.: Essendo
un autodidatta, ho suonato molto blues, con incursioni tra Jeff Beck,
gli Yardbirds il grande Johnny Winter e Clapton. Spesso ricado in certe
scale blues. Penso comunque di usare le scale tipiche di tutti i chitarristi,
mettendo magari insieme la scala blues con le pentatoniche, cioè
quello che mi viene in mente al momento. Non sono un tecnico, assolutamente...
G.C.:
Che plettri usi?
M.S.: In genere uso i Gibson heavy
di tipo piccolo e tipo leggermente più grosso. Per gli assoli,
uso il tipo piccolo, per le plinti tirate, come la strisciata sulle corde,
il tipo grosso. Tengo sempre quattro o cinque plettri attaccati alla chitarra
con un po'di scotch.., per non restare senza!
G.C.: Ti servi di una tecnica ben
precisa per l'uso del plettro?
M.S.: Dipende dai brani che devo suonare,
non ho uno schema fisso. Posso ad esempio suonare tutto cromatico una
pennata dietro l'altra, perché anch'io ho un passato che si rifà
alla Mahavishnu Orchestra di John McLaughlin. A volte uso molto la mano
sinistra e dò una pennata ogni tre note:
quando suono rock, in genere, lego molto con la sinistra dando
poche pennate con la destra. Altre volte ancora penno prima su e poi giù.
Dipende dalle situazioni.
G.C.: Quali ellepi ti sono piaciuti
di più ultimamente?
M.S.: L'ultimo di Bon Jovi, Fahrenheit
dei Toto, Into The Fire di Bryan Allams, Eat'em And Smiie di David Lee
Roth...
G.C.: Un disco, quest'ultimo a dir
poco favoloso..,e poi?
M.S.: Wiid Frontier di Gary Mocre,
che ha capito che i dischi vanno venduti. Ecco il perché dei suoni
di batteria campionata, di un suono accattivante soprattutto per i ragazzini.
Dal vivo lui non userà mai batterie elettroniche. Secondo me, è
il migliore album di Gary Moore.
G.C.: E per gli italiani?
M.S.: Preferisco Paoli, De Andrè
e Tenco ai cantautori degli anni '70 come De Gregori e Battisti. Uno dei
miei dischi preferiti di tutti i tempi è il live di De André
con la PFM, in cui c'era un grandissimo Franco Mussida.
G.C.:
Cosa ne pensi infine della difficolà dei nuovi gruppi italici a
sfondare, visto che i discografici sembrano essere sempre più diffidenti?
M.S.: È il solito vecchio problema.
Già
in Italia c'é un mercato molto ristretto che soltanto da poco comincia
a specializzarsi. Fino a pochi anni fa, i direttori artistici delle grosse
case avevano cinquant'anni e puntavano su lavori da un milione di copie.
Ora le cose stanno cambiando, ma ci vuole tcmpo. Quanto ai gruppi nuovi,
trovo manchi l'originalità: molti si rifanno al funky o all'heavy
metal inglese. Ci vorrebbe un circuito nazionale di club dove tutte le
nuove leve possono suonare, così come avveniva una volta.
Consiglierei a questi gruppi di partire sì da modelli stranieri,
ma di cercare di pensare anche con la propria testa. Un tempo era molto
più difficile capire certi suoni chitarristici ascoltando magari
di notte, come facevo io, Radio Lussemburgo piuttosto che leggere oggi
la stampa specializzata che ti dice anche quali ampli usa Van Halen!
G.C.: Solieri e le chitarre: quali
chitarre hai unito nell'ultimo tour estivo e quali chitarre nuove sono
entrate a far parte del tuo parco strumentistico?
M.S.: Non sono mai stato amante di
collezionismo, del vintage a tutti i costi.
Ma uno strumento devi sentirlo particolarmente vicino, deve ditri quello
che tu vuoi. Nel disco di Vasco (come in quello della SRB) ho usato una
Stratocaster custom made che ho da tre anni, c che mi piace moltissimo.
La scalatura delle corde é:
0.08-0.11-0.14-0.22-0.37 (o 0.38)-0.42. A tutt'oggi mi servo di questa
chitarra dal vivo e in studio; ha un manico Fender, meccaniche Shaller,
due pick-tip Fender Vintage ed un pickup Di Marzio Super Distortion al
ponte. Ogni anno cambio décor alla chitarra, perché mi piace
cambiare il battipenna: quest'anno ce l'ho in plexiglass giallo trasparente.
Ho il classico Floyd Rose. Un'altra chitarra che suono dal vivo, ma che
vorrei personalizzare è una Jackson nera modello Solist che ha
suoni diversi dalla Fender, e che mi serve quando rompo una corda sul
palco; ha un suono più grintoso. Nel rock va bene anche quella;
nei suoni puliti ha una sonorità talmente diversa dalla Stratocaster
che ho pensato di montare due pick-up Seymour Duncan. La Jackson ha un
suono molto nasale con i pick-up single coi, per cui c'è differenza
con i pezzi di Vasco che sono invece cristallini. Penso che il mercato
delle chitarre si sia avvicinato molto, più che al professionista,
al ragazzino metallaro che a 15-16 anni, spendendo pochi soldi, può
comprare buoni strumenti, equipaggiati di leve, Kahler e Floyd Rose che
impediscono di scordarsi, La Jackson è un ottimo strumento, però
alla fine la sonorità non è originale. Secondo me tutti
i chitarrisiti dell'ultim'ora si assomigliano: veloci, bravissimi e tecnicamente
ineccepibili, ma hanno tutti la stessa sonorità: io non li distinguo
uno dall'altro!
G.C.:
Siamo di fronte ad un fenomeno di standardizzazione?
M.S.: Sì, anche se la sonorità
cambia in base alla personalità di ognuno di noi. La mano determina
la tua sonorità, a parte poi la strumentazione.
Ora, coimunque mi sento mollo più a mio agio con la Stratocaster.
G.C.: Che effetti usi?
M.S.: Ho una pedaliera semplice con
due deviatori, uno dei quali mette in funzione alternativamente due ampli,
un Marshall ed un Fender Super Twin collegato a una cassa Fender Showman
con i coni JBL. Quando uso le sonorità distorte, mi servo del Marshall,
e quando devo fare arpeggi, cose pulite e funky, del Fender. L'altro deviatore
mi eseude la Stratocaster con radio-microfono Beyer, nel caso in cui mi
si rompe una corda, e permette il funzionamento della Jackson, collegata
col solito cavo, senza che io smetta di suonare. Per gli effetti, uso
solo chorus e overdrive Boss. Vorri acquistare la nuova pedaliera Roland
a rock che ha otto suoni di base ed altri 120 memorizzabili.
G.C.: Cosa ne pensi delle interfacce
Midi perr chitirra e dei SynthAxe?
M.S.: Sono interessanti, ma non esiste
ancora uno strumento che puoi suonare veramente con il feeling della chilarra..,
e poi dipende anche dal genere di musica che devi fare.
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