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Roma,
Hotel Sheraton, il giorno dopo il concerto di Vasco Rossi al Palasport,
ora di pranzo: nel salone si sente il tintinnio delle posate e i commensali
guardano dubbiosi il sottoscritto, pensando subito ad una telecamera nascosta
e ad una nuova marca di caffè, quando finalmente vedo stagliarsi
le inconfondibili sagome della band, mascherate da scurissimi occhiali
da sole e alle prese con quello che rimane di un pranzo-prima colazione
in tipico stile ore piccole.
Mi siedo al tavolo in tempo per scroccare un caffè (telecamera
nascosta?) e fare quattro chiacchiere con il gruppo, poi, risolti gli
immancabili problemi esistenziali della combriccola del Blasco (orari
degli aerei, valigie smarrite... - "mi presti il phon?") prelevo il Solieri
e, raggiunto un tavolo tranquillo, estraggo il mini registratore e gli
sparo l'intervista.
Prima comunque di riportare la nostra conversazione vorrei precisare che
ritengo Maurizio Solieri uno dei pochi chitarristi italiani a cui possono
fare riferimento gli amanti del rock, e soprattutto un musicista che non
ha tradito quelli che lo seguivano fin dagli esordi, dimostrando che il
successo non gli ha preso la mano... soprattutto sulla tastiera.
Cominciamo con la classica domanda di rito:
quando hai cominciato a suonare la chitarra?
All'età di undici anni avevo già una spiccata passione per
le attività artistiche come il disegno, la recitazione, così
mia madre mi regalò una chitarra e cominciai a prendere le prime
lezioni di teoria dal maestro della banda. Lui suonava il clarinetto,
e quindi dopo un anno sapevo molte più cose io sulla chitarra di
quante me ne potesse insegnare lui... per cui smisi di andare a lezione.
La mia conoscenza teorica é ferma da allora, il resto l'ho imparato
da autodidatta on the road.
Quali erano i tuoi idoli in quegli anni?
Mio fratello era stato in America, grazie ad una borsa di studio, e al
suo ritorno si era portato dietro i dischi di Elvis e quelli dei Ventures,
quindi il rock and roll era nell'aria anche prima di cominciare a suonare
la chitarra, capisci? Comunque devo dire che chitarristicamente sono stato
influenzato dagli Shadows, dai Beatles, i Rolling e gli Yardbirds... Beck
in particolare mi aveva folgorato con le sue timbriche, la sua sperimentazione
sonora.
In che cosa consisteva la tua strumentazione?
L'amplificatore era un FBT 20W, e la chitarra... la famosissima EKO X
27. Con questa misera attrezzatura tentavo anch'io la sperimentazione
sonora (leggi: FBT a manetta) cercando in tutti i modi di riprodurre il
suono di Beck.
Poi ho scoperto che in realtà sono la mano e lo stile a definire
il sound; ed è proprio così che rispondo a quelli che dopo
i concerti mi chiedono quali sono i trucchi e gli accessori che uso per
avere il mio suono. Oggi la tecnologia ha reso tutto molto più
facile, accessibile, e penso che si sia perso molto di quello spirito
pionieristico che animava tutti noi che siamo cresciuti musicalmente negli
anni '60.
Torniamo alle influenze di allora...
Ricordo che una canzone in particolare mi mise veramente al tappeto: era
"Mr. Tambourine Man" suonata dai Byrds, con la magica dodici corde Rickenbacker
di Roger Mc Guinn. Poi è seguito il periodo blues con Clapton,
sempre Beck, Hendrix, Page, Winter... insomma con tutti i veri capiscuola.
Verso la metà degli anni '70 ho sentito l'esigenza di una maggiore
crescita musicale, e nonostante odiassi quel genere, ho cominciato ad
interessarmi al jazz, per imparare nuove scale, per conoscere nuovi territori,
ed ovviamente la mia attenzione, come quella di tutti in quel periodo,
è stata catturata dai gruppi che suonavano jazz-rock: la Mahavishnu
Orchestta di Mc Laughlin e i Retum To Forever di Corea. Io però
non mi sono accontentato di ascoltare queste nuove proposte, e sono andato
dritto alle radici, alle fonti, buttandomi a capofitto nell'ascolto e
nella lettura di tutto quello che passava sotto il nome di jazz, superando
il disgusto di cui prima ti parlavo. Per qualche anno ho continuato in
questa direzione e mi sono anche appassionato, poi, quando mi sono reso
conto che dopo il free-jazz si trattava solo di un ritorno al passato...
sono arrivato alla saturazione e ho smesso. Mi è rimasta comunque
la mania di tenermi informato, di leggere ed ascoltare tutto quello che
riguarda la musica, a prescindere dalle
etichette e dalle mode. In questo mi è stato d'aiuto anche il periodo
in cui lavoravo come curatore di rubriche di rock e di jazz alla radio,
insieme a Vasco.
In questo periodo che tipo di musica suonavi?
Per anni ho avuto un trio, alla Experience per intenderci, dove ero ovviamente
obbligato a suonare contemporaneamente la ritmica e la solista, e,questo
mi è servito molto e mi serve tuttora, anche se con Vasco il mio
ruolo è prettamente,solistico... non so, può capitare che
per un motivo qualsiasi devo ricoprire i due ruoli, beh, non c'é
nessun problema, posso farlo tranquillamente.
A quel tempo non avevo ancora un'idea precisa di quello che avrei fatto
da grande e così, quasi per prendere tempo, nel '76 ho fatto il
militare, al mio ritorno avrei visto se era il caso di laurearmi o di
continuare a suonare. Arrivato il fatidico congedo mi sono messo invece
a lavorare a Punto Radio con Vasco e altri, avendo modo così di
staccarmi da casa, dato che noi tutti vivevamo 24 ore su 24 alla radio,
nel senso che lavoravamo, mangiavamo e dormivamo li.
Avevi
deciso di fare il disc-jokey?
In
un certo senso si, però devi calcolare anche il fatto che Vasco
organizzava delle grandi feste, grazie alla fama della radio, nelle megadiscoteche
della pianura padana, e all'interno di queste serate si esibivano un po'
tutti quelli che gravitavano intorno alla radio... in sostanza era un
doppio modo di fare musica, se vuoi passivo ai microfoni della radio ma
sicuramente attivo quando ci esibivamo nelle discoteche.
Quando è arrivato il momento della prima incisione in sala?
Se ben ricordo ho suonato la chitarra acustica nel primo disco di Vasco,
in un pezzo che si chiamava "E intanto il tempo crea eroi", o giù
di li. Sono arrivato in sala, hanno mandato la base e io ho improvvisato...
insomma... buona la prima. Nel secondo disco invece ho fatto tutto io:
acustica, elettrica, pulita, distorta, slide, accompagnamento, assoli...
tutto. In seguito ho fatto qualche esperienza come turnista, anche se
non avevo nè la mentalità nè tantomeno la preparazione
professionale per suonare indifferentemente qualsiasi genere musicale.
Andavo allo Stone Castle di Carimate e prendevo parte ad alcune registrazioni,
ma ti ripeto mi sentivo un pesce fuor d'acqua, e guai se spuntava qualche
problema... mi bloccavo completamente. Te l'ho detto: non ho la stoffa
del turnista, io suono bene solo quello che mi piace e quindi mi trovo
bene con Vasco e Guido Elmi (produttore di V. Rossi, n.d.r.), dove non
si tratta solo di eseguire delle parti da chitarrista, ma dove è
richiesta una vera e propria collaborazione. Fin dagli esordi abbiamo
sempre pensato molto, prima di mettere giù il prodotto definitivo,
magari litigando per giorni o cercando di accontentare Vasco che ti chiede
sempre il colpo di genio o la trovata mozzafiato. È sempre stato
un rapporto di collaborazione molto intensa, soprattutto abbiamo sempre
cercato il meglio, riflettendoci su magari per molto tempo, magari a casa,
per arrivare con le idee chiare in sala di incisionee non perdere tempo
nella ricerca degli arrangiamenti... non si tratta poi di perdita di tempo
o di denaro... il problema sta invece nel fatto che se stai troppo su
di un'idea, quando incidi perdi tutta la freschezza e l'incisività
del famoso discorso 'buona la prima'... per me questa formula ha sempre
funzionato: le prime chitarre che fai sono sempre le migliori...
che ti devo dire, negli ultimi dischi ho fatto le chitarre guida e poi
alla fine sono diventate quelle definitive... ma quali chitarre guida!
Le prime basi che butti giù hanno quella freschezza e quell'inventiva
che poi inevitabilmente si perde per strada, poi ti ripeti e subentra
la sindrome "tantopoilorifacciomeglio" e sei finito.
Nei
dischi di Vasco Rossi il vostro apporto quindi non è mai da turnisti,
come dicevi tu prima. Mi sembra che abbiate largo spazio, musicalmente,
vero?
Noi
del gruppo facciamo una grossa distinzione tra l'esecuzione live e quella
in studio, e continuiamo a preferire la prima.
Sai, nei dischi c'è un notevole lavoro di ricerca, figurati, noi
abbiamo Maurizio Biancani, che è il nostro ingegnere del suono,
il quale è un certosino, un ragazzo eccezionale, un vero musicista,
come testa, ed è capace di stare ore a lavorare con i suoni, le
connessioni MIDI, insomma si diverte con tutte le diavolerie dello studio.
Io sono invece un chitarrista che le sue parti le fa in pochi giorni,
ecco, magari una volta ci prendevamo una settimana per le chitarre, adesso
cerco di essere il più veloce e il più immediato possibile.
In realtà mi piacciono le idee che metto nei dischi, ma poi continuo
a preferire il modo in cui le eseguo dal vivo. Per rispondere invece alla
tua domanda bisogna premettere che molto del materiale dell'ultimo disco
l'ho scritto io, quindi è ovvio che non ci siano limitazioni musicali
per quanto mi riguarda, non so, ad esempio "C'è chi dice no" e
"Ridere di te" sono canzoni che avevo scritto qualche anno fa, e se vai
a risentire i provini non c'è molta differenza. È ovvio
che i suoni sono migliori nel disco, c'è qualche armonizzazione
in più, ma le chitarre sono le stesse, l'idea e la melodia sono
state rispettate. In "Ridere di te" mi sono ispirato ai Dire Straits...
e si sente, dato che Mark Knopfler è uno dei miei chitarristi preferiti;
il solo lo facevo così già tre anni fa...
magari è stato accorciato per problemi di tempo. In "Blasco" il
solo non è stato per niente studiato: una volta capita la struttura
del pezzo... vai! Insomma, tutto improvvisato. Le cose che ho fatto nell'ultimo
e nel penultimo disco mi piacciono molto, anche se, come ti ho già
detto, preferisco l'esecuzione dal vivo, in realtà non è
che poi stravolga completamente quello che ho inciso, però è
ovvio che col tempo si mettono a fuoco molte più cose. Devi anche
considerare che lavoro quasi esclusivamente in funzione della canzone,
della melodia... io ragiono molto a livello canzone, e non faccio mai
un solo tanto per suonare qualcosa.
Già,
in questa intervista si sta delineando il fatto che tu suoni sempre in
funzione del brano dentro il quale ti stai muovendo, ma ti capita di lasciarti
prendere la mano, ogni tanto, magari dal nuovo trucco?
Quando occorre uso anche il giochetto, ma non sono un grande amante di
queste cose.
Che
cosa ne pensi di questi nuovi mostri tipo Malmsteen?
Sai,
non è che me ne freghi molto di queste tecniche sbalorditive. Chiaramente
la prima volta che ho sentito il suo disco ho pensato "Che sballo!", poi
al terzo ascolto, quando scopri che in realtà ti manca sotto la
canzone non è che sia poi divertente sentire un miliardo di note
e un pezzo che dice "Vichinghi unitevi! Siamo tornati sulle nostre navi...",
no assolutamente. Io ho 34 anni e queste cose c'erano già nel '70
con i gruppi dark, forse a suo tempo qualche emozione me l'hanno data...
ma non oggi.
Tu non sei quindi quello che aspetta come un killer il momento dell'assolo
per rovesciare sul pubblico una raffica di note?
No... assolutamente, non ce n'è bisogno. Quest'anno ho riascoltato
piacevolmente Peter Frampton, con David Bowie, e l'ho trovato cresciuto
musicalmente, e questo è importante. Un musicista mi deve dare
qualcosa, non mi basta essere stupito dalla tecnica, io voglio sentire
il brivido, e sicuramente non me lo danno questi nuovi gruppi di heavy
metal. Preferisco quelli che mi fanno divertire e che sanno costruire
uno spettacolo, come Bon Jovi che non se la sta a menare con virtuosismi,
ma almeno le canzoni non sono male. Io resto un grande amante di Knopfler,
Lukater... un'altra scuola, questi te li ritrovi sempre tra le dita quando
suoni... io ascolto tutto, anche le ritmiche di Nile Rodgers. Sono anche
sempre stato un fan di Brian May dei Queen... poi è inutile che
te lo stia a spiegare... ci siamo capiti! Oggi i media ti tengono
informato su tutto, quindi le tecniche, le attrezzature e gli effetti
sono alla portata di ogni chitarrista, e magari proprio per questo pochi
riescono ad essere originali e la gente mi viene a chiedere come faccio
ad avere un suono particolare... proprio a me che a suo tempo, come magari
anche tu, brancolavo nel buio per trovare le timbriche di Beck, senza
che nessuno mi desse la minima informazione... Penso che però proprio
quel periodo sperimentale sia stato utile per sviluppare, attraverso moltissimi
errori, la propria personalità, il proprio suono. Non sono un fan
del pre-CBS o del vintage: a me servono chitarre funzionali per lavorare...
quelle d'annata le lascio ai collezionisti che le tengono in cassaforte.
È chiaro che uso chitarre affidabili, non certo dei pezzacci di
legno...
A
me risulta che invece tu hai proprio la passione per i pezzacci di legno...
Dal
vivo mai... però magari nei video mi piace farmi vedere con delle
vere schifezze, mi piace giocare con queste cose, proprio per reazione
alla mentalità dell'eroe della chitarra e anche perchè mi
è sempre piaciuto travestirmi. Sai, io sul palco sono sempre molto
serio, anche perchè penso che a volte ci vorrebbe un... vigile...
non sono poi così rari gli scontri frontali, magari con l'altro
chitarrista... quindi, come ti dicevo sono quasi sempre molto occupato
a suonare le mie parti e trascuro il lato scenico, anche se sono sempre
stato uno che cura il look, e così a volte mi prendo queste rivincite
facendomi vedere, nei video, con quelle schifezze di cui parlavamo, anche
perchè in realtà io non sono per niente serio come appaio
sul palco. Non le userò mai queste chitarre... però mi piacciono
troppol Ti ricordi la Davoli Bikini?... quella con il manico in alluminio?
mi sembra che fosse un progetto di Wandrè...
stupenda! Mi sembra giusto usare questi strumenti nei video, dove in fondo
conta solo l'effetto scenico.
Parliamo
invece delle chitarre che realmente utilizzi.
Per
anni sono stato un Les Paul...ista, fino all'anno scorso, alternandola
con una stratocaster artigianale, costruita da un liutaio di Bologna,
sconosciuto, che l'ha costruita secondo le mie esigenze: corpo in acero
massiccio, più grande del normale, manico Fender, meccaniche Shaller,
due pickup Fender e un Di Marzio Super Distortion e, quando è uscita,
la leva Floyd Rose... forse la più grande scoperta degli ultimi
anni. Subito la chitarra suonava male, ma dopo un paio di anni è
uscito il suono. Poi uso una Burns che ha un suono molto particolare...
era una rimanenza di magazzino e io e Serse May ce ne siamo comprate una
ciascuno, un ottimo affare. È quella che puoi sentire in "Vita
spericolata".
La userei volentieri anche dal vivo, ma, per non fare troppi cambiamenti
di chitarre, alla fine mi ritrovo ad usare solo la strato.
Per
quanto riguarda l'amplificazione, che cosa usi?
Ho
un Fender Super Twin collegato ad una cassa Fender con due altoparlanti
JBL... di cui uno è partito e devo dire che per quest'anno aveva
lavorato anche troppo, specialmente ai volumi che usiamo dal vivo. Le
sonorità pulite vanno nel Fender e quelle distorte nel Marshall,
ovviamente. Ho una pedaliera molto casareccia, anche perché non
mi serve molto, formata da un deviatore per gli amplificatori, un chorus
e un overdrive... il resto mi viene dato dal mixer... tutto li. Io cerco
di avere il suono più pulito possibile, sul palco.
Abbandoniamo
le questioni tecniche e torniamo al lato umano dello spettacolo: è
un problema avere tutte le sere la grinta e l'aggressività necessaria
per il tipo di spettacolo che offre Vasco Rossi?
Beh...
a volte ti senti un po' appannato, non sempre hai la carica necessaria
o la voglia di suonare... in questo caso subentra il professionismo. Cerco
di mantenere comunque sempre uno standard elevato, e poi devi considerare
il fatto che siamo una band molto affiatata:
magari anche in una serata di 'stanca' dopo un po' subentra il divertimento
di suonare insieme... che ti posso dire, sulle 70 serate di quest'estate
ci saranno stati due concerti... appannati. A volte sali sul palco che
sei morto, magari per problemi che esulano dal fatto musicale: stress,
viaggi estenuanti, discussioni... poi dopo qualche pezzo ti ritorna la
voglia di suonare. Noi in concerto continuiamo a comportarci come nella
vita di tutti i giorni, quindi scherzi, gag, trovate, battute... per dirti...
io a metà del concerto faccio un solo abbastanza particolare che
comincia con una frase ritmica, accordoni, riff, scale e poi mi interrompo
bruscamente... la gente comincia a fischiare...
e allora parte il tema di 007 e, mentre il gruppo continua a suonare,
io cammino sul palco come fossi James Bond, un occhio di bue mi segue...
una specie di pantomima.. da ridere chiaramente, anche se non sempre il
pubblico la capisce... ad esempio, a Roma sono rimasti un po' straniti.
Poi tutta la band mi assale e ci ritroviamo in quattro o cinque sulla
mia chitarra... insomma ci divertiamo e soprattutto non ci prendiamo mai
troppo sul serio. Non so, su "Non mi va" io faccio un rap... in finto
giapponese e, arriviamo a fare delle citazioni alla Duran Duran, facendo
imbestialire il pubblico.
A
proposito del gruppo: come va la Steve Rogers Band?
Nonostante
in Italia ci siano dei grossi problemi per i gruppi, e malgrado siano
dieci anni che di gruppi non ne escono più, esauriti i mostri degli
anni '70, ci siamo fatti conoscere dal grande pubblico proprio perchè
non siamo un bluff, suoniamo realmente, e il nostro stile è molto
riconoscibile, prendi ad esempio il basso di Galina... anche nei dischi
di Vasco è riconoscibilissimo, e penso che sia uno dei migliori
bassisti rock in circolazione nel nostro paese. Noi abbiamo fatto questo
disco, l'anno scorso, con la CBS e, rispetto alla media degli esordienti,
non è andato male e tutti sono rimasti soddisfatti.
Come
mai vi hanno fatto fare un disco, nonostante la nota diffidenza delle
case discografiche nei confronti dei gruppi?
Era
già nell'aria da molto tempo: noi abbiamo fatto un 45, come Steve
Rogers Band, nell'81, con due pezzi tra l'altro molto carini che sarebbe
il caso di rispolverare. Ma sai, a quel tempo Vasco non era ancora così
noto, e il disco è stato distribuito... alla mamma, alla cugina,
agli amici. Adesso molta gente lo cerca. E poi devi pensare che molta
gente ci conosce, e che magari, a differenza di altri musicisti che accompagnano
i cantanti e che rimangono nell'anonimato, noi ci siamo sempre fatti notare,
tanto per il suono, quanto per il look... una lezione che abbiamo imparato
dall'estero. Abbiamo così aspettato il momento più opportuno
per uscire con il nostro disco, dopo il tour dell'85, quando la band si
era ormai consolidata per quanto riguarda l'organico. I presupposti c'erano
tutti, e così abbiamo optato per il disco. Penso che questo inverno
faremo il secondo.
Avete
fatto un vostro tour?
Certo...
solo una dozzina di date, a livello promozionale, però quelli che
venivano fortunatamente non venivano per sentire il gruppo di Vasco, magari
urlando: "Facci, Siamo solo noi", ma erano intenzionati a sentire la nostra
musica, e devo dire che se ne andavano molto soddisfatti, entusiasti.
Abbiamo visto le stesse cose che avvenivano per Vasco agli inizi. Assolutamente
non voglio dire che abbiamo intenzione di staccarci da Vasco o diventare
dei nuovi idoli... assolutamente no, a noi basta suonare quello che ci
piace e basta. In sostanza si tratta di una situazione che esisteva già
prima di Vasco e che può tranquillamente coesistere senza alcun
problema. In fondo con lui suono anche delle mie canzoni, quindi vedi
che il conto torna.
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